martedì 5 marzo 2013

Roccascalegna

 
"Secondo una tradizione popolare nel corso del XVIII secolo uno degli ultimi esponenti della famiglia Corvo-De Corvis  avrebbe cercato di ripristinare lo Ius primae noctis (diritto di un signore feudale di trascorrere, in occasione del matrimonio di un proprio servo della gleba, la prima notte di nozze con la sposa) . Ciò avrebbe naturalmente suscitato una ribellione tra i suoi sudditi, e uno sposo, non disposto a cedere alla barbara usanza, mascheratosi da donna si sarebbe nottetempo introdotto nel Castello e sostituito alla consorte, uccidendo il feudatario."



Nel 1045 i Normanni dopo aver cacciato i Bizantini e i Saraceni si spinsero verso l’Abruzzo. Nel 1061 la contea di Teate subì una divisione con le terre a sud di lei, i Normanni costituirono la contea di Manoppello ponendovi il conte Guglielmo, ed esso comprendeva 15 feudi e tra questi vi era anche Roccascalegna. Allora (Roccam Scaragnam) era composto da 24 fuochi (famiglie).Nella seconda metà del XIII secolo, fu costruito il castello ma rimane  incerta la data della sua completa costruzione. La leggenda, senza alcun fondamento semantico, il fatto che in antico vi fosse una scala per entrare nella torre, e che, lo stesso stemma comunale abbia come rappresentazione una scala appoggiata alla Torre.
 
 
 
Il castello
Costruito su un gran masso roccioso, che al lato nord-est cade a strapiombo sulle casupole dell’antico borgo medioevale, il piccolo maniero ha più l’aspetto di una fortezza anziché di un vero e proprio castello residenziale. Le sue mura perimetrali formano pressappoco la figura di un rettangolo irregolare, dalle dimensioni medie circa di 80 x 35 metri.
L’entrata, esposta a ponente, di fronte alla chiesa di S. Pietro, si raggiunge attraverso un erto sentiero di quasi 200 metri dal piazzale della chiesa, limitato a sinistra da un muretto di protezione tutto in pietra, coperto di lastroni d’arenaria sovrapposti a scaglia.
 
Subito dopo il portone d’ingresso ci sono pochi gradini che portano ad un piccolo spiazzo pianeggiante con pavimento originale in mattoni verticali, denominato a spina di pesce.
A sinistra c’è la porta della camera da letto del barone con alla sommità dell’arco un cuore scolpito sulla pietra. La camera, consistente in uno stanzone grande quanto la torre semicircolare dove sarebbe stato ucciso il feudatario Corvo De Corvis, non più esistente in quanto crollata con la torre stessa il 27 gennaio 1940.
Andando più avanti, tra viuzze e muretti immersi in una selvatica vegetazione, s’incontra la porta dell’antica cappella del castello sul cui architrave in pietra si legge “Venite, Adorate”.
Più oltre si notano altri locali compresi nelle due torri a semicerchio poggiate, come la prima già crollata, su un lastrone di roccia scoscesa. Salendo per un viottolo a zigzag si giunge alla torretta merlata, posta sullo sperone del masso roccioso. Essa è a tre piani con una finestra per ogni facciata e delle feritoie negli angoli. Il piano sottostante ai merli è decorato con piccole aperture di forma quadrata.
 
Tornando giù e guardando a sinistra si notano pezzi di muro diroccato, e arrivando nei pressi dell’ingresso si può osservare un torrione rotondo con apertura circolare rivolta sulla stradina d’accesso. Secondo Cesare De Laurentiis la sua costruzione risale al 1266, con l’avvento degli Angioini nel Regno di Napoli, in quanto Roccascalegna divenne allora domicilio fisso del Gualtieri.
 
Il Faraglia ci conferma pressappoco questa data (1266). Nella conclusione dei suoi “Studi storici delle cose abruzzesi” dice fra l’altro: nelle cedole delle generalesse sovvenzioni del 1300 incontriamo una nuova divisione delle terre teatine, gli si assegnò il nome Thete maiori alla regione che si estende da Ortona al fiume Trigno, quello di Thete minori alla restante fino a Pescara.
 
Gradonata d’accesso al Castello e ponte levatoio:
 
La gradonata d’accesso che si percorre oggi è la stessa sistemata dopo il 1705 e così anche il relativo muro di protezione. Prima di allora la scalinata era costituita da gradini, ricavati nella roccia viva con lo scalpello, e portava fino al ponte levatoio. Cominciando a percorrere la gradonata sovrapposta a quest’antico itinerario si può osservare nella torre di sentinella, in alto a destra, il foro da cui era tenuto sotto sorveglianza con le armi da fuoco (vedi foto pg. 4. La formazione della gradonata avviene nell’epoca di passaggio del feudo dai “ Corvis “ ai “ Nanni”, intorno al 1717. La sua realizzazione in forme più che militari, conferma e forse accentua i caratteri di una struttura di un percorso utilizzabile anche per il transito d’animali da sella. La costruzione della gradonata fu accompagnata dall’eliminazione del ponte levatoio e della costruzione di una garitta d’ingresso proprio all’interno dello spazio occupato dal “fossato”.
 
Il restauro del muro di protezione della scala è avvenuto con il ripristino di piccole parti crollate, con la listatura delle facciate e con la ricostruzione della “copertina” superiore nelle parti dove mancavano le lastre d’arenaria precipitate a valle negli ultimi tempi, più a causa del vandalismo che delle intemperie. 
 
TORRE DEL CARCERE
 
E’ forse da ritenersi, dopo la Torretta, il manufatto più interessante. Costruita verosimilmente dopo la morte di Alfonso Annecchino (1514) di cui resta un’epigrafe sulla piattabanda esterna della finestra esposta ad ovest (ALFONSVS ANECHINVS), ha assunto il nome di Torre del Carcere “perché in essa è stata ritrovata una catena usata come cavigliera” (Di Loreto); sono state rinvenute anche tracce di un gabinetto e di un camino. All’esterno vi è una gradinata che permette di raggiungere il piano sottostante, di cui restano travature del solaio; da qui p possibile scorgere un’ulteriore gradinata lungo la muratura, spessa circa tre metri, che permetteva di scendere al piano base.
 
All’esterno sulla muratura, tracce della merlatura, precedente alla costruzione della Torre.
 
 
LEGGENDA:
 
Dopo Gualtieri, il castello fu dimora di sua figlia, la contessa Tommasa, alla quale la tradizione attribuisce l’idea di far edificare la chiesa di San Pietro Apostolo, sempre sul costone della roccia, all’inizio della salita del castello.
 
Poi vennero tanti altri conti e baroni, in questa piccola rocca, residenti e non, per raccogliere i frutti delle proprie terre e abusare dei loro poteri. I fatti di un certo interesse accaduti fra queste mura furono quelli del 1647, che sfociò nell’uccisione del barone Corvo, responsabile di aver introdotto nel feudo lo Jus primae noctis e l’idolatria del corvo; e quelli 1800, quando divenne rifugio degli abitanti del paese essendo stati assediati e assaliti da quelli d’Altino, Casoli e Gessopalena per motivi di confini.
 
Durante la repressione del brigantaggio postunitario fu sede della Guardia Nazionale. Durante 2a guerra mondiale, nel periodo del fronte (1943-44) fu posto in vedetta, prima dei tedeschi e poi degli inglesi. Gli ultimi proprietari del castello furono il Nanni Croce di Palena, i quali nel 1981 lo donarono al Comune. Il castello oggi spazio espositivo per incontri e manifestazioni culturali anche all’aperto, è tornato alla vita dopo i restauri ultimati nel 1996.
 
L'espressione Ius primae noctis (dal latino, letteralmente diritto della prima notte) indicherebbe il diritto di un signore feudale di trascorrere, in occasione del matrimonio di un proprio servo della gleba, la prima notte di nozze con la sposa.
 
Se e quanto lo ius primae noctis fosse effettivamente diffuso, e in quale misura i signori feudali ne facessero uso, è stato argomento molto discusso.
 
Secondo la visione che si affermò nell'età moderna, il servo della gleba era legato alla proprietà padronale, e per sposarsi aveva bisogno dell'autorizzazione da parte del signore. Per ottenerla era costretto talvolta a una sorta di tributo. La massima espressione di questo stato di subordinazione sarebbe stata la concessione della propria moglie al proprietario terriero per la prima notte di nozze.
 
Tale diritto viene occasionalmente citato in documenti medievali ,,sol der brütgam den meier bi sinem wip ligen laßen die erste nacht oder er si lösen mit 5 sh. 4 pf.“ (lo sposo deve lasciare che il signore giaccia la prima notte di nozze con la sua sposa, o affrancarla con 5 scellini e 4 pfennig). Cosa confermata dalle tradizioni popolari secondo le quali il servo aveva la possibilità di reclamare la propria sposa per sé pagando una certa somma.


 

 

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